TRAMA: Un tifoso racconta la propria storia tra sport e politica, lacrime e risa e la voglia di riscattarsi dopo una vita fatta di compromessi.

DURATA: 130’

GENERE: Monologo Tragicomico

COMPAGNIA TEATRALE: Amour Braque, Vicenza

con Lahire Tortora

 

 

Kenny, nativo di Liverpool ma di origine irlandese, manda avanti come può una calzoleria e un’attività di duplicazione chiavi, in cui i debiti sono quasi sempre superiori ai guadagni.

Suo padre, immigrato a Liverpool da Cork, ha fatto parte della generazione piegata e fiaccata dagli anni duri e amari della Thatcher, e ora a quelli come Kenny non resta che arrangiarsi e tirare avanti.

In tutto questo, uno dei punti fermi di Kenny è sempre stata la passione per il calcio, e il tifo sfegatato per il Liverpool. Da ragazzino ha vissuto le grandi imprese in terra europea del Liverpool, squadra capace di conquistare quattro coppe dei campioni in soli otto anni.

Poi sono arrivate le tragedie negli stadi Heysel e Hillsborough,la lunga squalifica dei Reds nelle competizioni internazionali e la delusione e l’allontanamento di Kenny da un mondo che non riconosceva più.

Ma nel 2005, dopo vent’anni, il Liverpool ritorna in finale di Champion’s League contro il Milan di Silvio Berlusconi. La partita si giocherà a Istanbul, e Kenny sente di avere un conto in sospeso con il passato: ha bisogno di tornare ragazzo, anche solo per un’ultima volta. Nonostante i debiti, la moglie e due figli, più un terzo in arrivo,non sente ragioni: vuole andare alla partita, costi quel che costi.
Attraverso una serie di flashback e di continui salti temporali tra il passato e il presente, “Ho battuto Berlusconi!” racconta in prima persona quasi trent’anni di vita di un tifoso sanguigno e passionale, che contro ogni logica riuscirà ad assistere dal vivo a quella che diventerà una delle partite più rocambolesca e memorabile della storia del calcio, con tanto di incontro a sorpresa finale.
Davies, con lo stile fulmineo e dissacrante tipico del teatro contemporaneo inglese, ci regala una storia che mescola sport e politica, lacrime e risa, ma soprattutto l’avventura dal sapore quasi epico di un proletario che, dopo una vita di compromessi, per una volta non ha chinato la testa.

NOTE DI REGIA

Sono passati più di una dozzina d’anni da quella notte di Istanbul.

Nel calcio, un tempo del genere corrisponde a un’era geologica: basti pensare che di tutti i calciatori scesi in campo in quella storica finale, l’ultimo ad appendere gli scarpini al chiodo è stato il marcatore del 3-3 che portò poi le due squadre ai

supplementari e a quel pazzesco epilogo ai rigori, Xabi Alonso, che ha chiuso una carriera sempre ad alti livelli nell’estate 2017 con la maglia del Bayern Monaco (allenato oggi proprio dal tecnico che quella notte gli fu avversario, Carlo Ancelotti), giusto qualche mese dopo il ritiro Steven Gerrard, l’uomo che alzò al cielo quella Champion’s, storico capitano del Liverpool. Anche le società non sono più le stesse: il Liverpool ha cambiato due proprietà, mentre lo stesso personaggio che dà il titolo all’opera, Silvio Berlusconi, ha da poco concluso la cessione del Milan agli imprenditori cinesi , dopo un’epocale proprietà durata trent’anni.

Dal punto di vista storico, invece, nonostante le incredibili e rapidissime trasformazioni culturali di questi ultimi anni, i medesimi dodici anni non sembrano aver cambiato più di tanto le cose: il malcontento sociale delle classi lavoratrici inglesi esploso durante i durissimi anni della Thatcher (messa più di una volta alla berlina da Davies nella sua opera) e fomentato poi dalle delusioni seguite alle aspettative non mantenute da Blair, sembra essersi risvegliato prepotentemente, fino al clamoroso voto popolare alla cosiddetta Brexit di qualche mese fa.

Senza addentrarmi in analisi socio-politiche che non mi competono, non posso non notare che se davvero il voto per il “Leave” è stato espresso dagli ultracinquantenni e dai pensionati, si tratta proprio della generazione che, nel fiore degli anni, è stata piegata e delusa dalla Thatcher: la generazione che nel testo è rappresentata dal padre di Kenny, che metaforicamente “scompare” quando Kenny cresce, sconfitto e incapace di riprendersi da tanta amarezza.

In questo quadro il personaggio di Kenny è un ritratto, per quanto volutamente sopra le righe, della generazione dei trenta/quarantenni, in equilibrio instabile sul filo del presente, sospesi tra i debiti, il tirare avanti e la preoccupazione per i figli: persino programmare un viaggio (per quanto sia verso una meta particolare come Istanbul) diventa un’impresa.

Difficile pensare a Kenny come un personaggio esclusivamente inglese, perché, a distanza di quasi dodici anni, la crisi attanaglia anche noi. Anche noi abbiamo avuto al potere un personaggio che ha segnato un’epoca, e anche noi ci aggrappiamo al calcio come distrazione, valvola di sfogo, e catalizzatore di grandi passioni. Proprio come gli inglesi, entrambi lo viviamo in maniera viscerale. Questo, John Graham Davies lo sa bene, ed è stato proprio lui incoraggiare la traduzione italiana (compiuta da Marco Ponti e Pietro Deandrea) qualche anno fa. E nella prefazione all’edizione italiana scrive: “Spero che anche il pubblico italiano riveda un po’ di sé stesso in Kenny Noonan”.

Il sottoscritto ha provato a far propria la speranza dell’autore, resa ancora più affascinante per la sua particolarità agrodolce: stavolta assistiamo al punto di vista inglese, mentre gli italiani e la loro squadra sono dall’altra parte della barricata. Ma in fondo, in questa occasione possiamo dirci accomunati dalla soddisfazione della rivincita.

Una metaforica rivincita, una tantum, del proletario contro il potente (e i favori del pronostico). Se si preferisce, una riedizione della vecchia sfida di Davide contro Golia. Anzi, persino più complicata: perché nemmeno Davide contro Golia, era sotto di tre gol a metà del duello …

Il resto, come si dice, è Storia. 

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